Niente di vero

Chiudo il romanzo di Veronica Raimo, intitolato “Niente di vero“, ed edito da Einaudi e penso, nell’ordine:

  1. Moriremo di marketing
  2. Evidentemente io e Zerocalcare ridiamo per cose molto diverse
  3. I quarantenni sono tutti così? Panico

Non mi spiego come sia possibile essere così indeterminati. Indefiniti. Incapaci di esistere. Ma soprattutto…quanto c’è di vero?

p. 37

Quanto gioca appunto la componente “autosuggestione“? E quanto il:

Ma sì, dài, facciamo che sono io.

p. 148

Non vorrei che fosse tutto un cucirsi addosso un personaggio un po’ sventurato, un po’ diverso, a tutti i costi fuori dagli schemi. E giuro che non ce la faccio a subire passivamente questo inno all’inadeguatezza di una generazione, solo per assecondare il policatically correct.

E non è che penso che si debba sempre essere inquadrati, incasellati, determinati e convinti di ogni micro-aspetto della nostra esistenza. Anzi. Ci sono lunghi periodi in cui mi sento una polaroid sfocata. Però, PERIODI, appunto.

Ma qui, in questo romanzo, caro personaggio-oscuro-votato-unicamente-al-dio-denaro che ha promosso il libro pensando solo al numero di copie vendute, ti assicuro che c’è ben poco da ridere. Al più, si sorride, amaramente.

E così, tra una madre macchiettisticamente ansiosa, un padre ipocondriaco che costruisce muri a ripetizione in un mini appartamento, murando viva l’intera famiglia, un fratello ego-riferito che finisce in politica e accenna a passaggi della Bibbia quando non sa cosa dire o peggio non ascolta, uomini di passaggio, un aborto e un lutto (quest’ultimo raccontato in modo molto elegante), questa storia si compone di vuoti.

La trama è semplice

La Raimo parla della sua famiglia, di alcune tappe della sua vita, crogiolandosi nel senso di disagio che afferma di aver provato costantemente. E non lo so se non riesco a empatizzare con lei perché veniamo da realtà e vissuti totalmente diversi o perché sono più piccola di lei di oltre dieci anni. Quello che so è che la reazione che ho provato leggendo certi passaggi è stato fastidio, un tremendo fastidio. Per chi quasi fa un vanto della sua condizione di disagiato cronico. Anche se, a volte, gli sfigati ci fanno un po’ sorridere, ci fanno provare tenerezza, trovo che arrendersi a questo status sia molto triste. E celebrarlo, lo è ancor di più.

E quindi, questa volta, sono molto indecisa se consigliarvi questo romanzo. Posso dirvi questo: leggetelo se siete curiosi, ma sappiate che è stato venduto come qualcosa che non è, e cioè un libro divertente che parla della donna di oggi. (Ma dove?)

Alla prossima puntata, amici lettori!

Dimmi come stai e ti dirò cosa leggere – vol. 3

Torna l’appuntamento con la rubrica “Dimmi come stai e ti dirò cosa leggere”, con consigli di lettura prêt-à-porter (con tanto di voti) e recensioni “telegrafiche”.

Il best seller (sì, non bisogna essere snob): voto 7

Uomini che odiano le donne
Stieg Larsson
Marsilio

Se sei a ciaccia di un giallo da cui non vorresti staccarti mai, Larsson è l’uomo giusto per te. E quando lo avrai finito, non disperare: questo romanzo è solo il primo di una trilogia 😉

La biografia illustrata: voto 8

Quello che ci muove
Una storia di Pina Bausch

Beatrice Masini
rueBallu

Se ami la danza, e in particolare il teatro-danza, non puoi non conoscere Pina Bausch. E anche se la conosci già, questa biografia ti stupirà. Non soltanto per le meravigliose illustrazioni di Pia Valentinis, ma perché, in punta di piedi, riesce a trasportarti con leggerezza nel mondo di Pina.

Il saggio che dovremmo leggere. E poi rileggere: voto 8

Gli inganni di Pandora
Eva Cantarella
Feltrinelli

Se ti piacciono la storia antica (greca, in particolare), la filosofia, il diritto e se ti capita di chiederti dove nasce la discriminazione di genere, in questo saggio, Eva Cantarella fa un sublime lavoro di sintesi, mettendo in luce degli aspetti su cui è facile (per uomini e donne) non soffermarsi.

Alla prossima puntata, amici lettori!

Per consigli, dubbi o commenti, scrivetemi.

Novembre: Gilgi, una di noi di Irmgard Keun

Chissà perché scegliamo di leggere alcuni romanzi e non altri. Certe storie e non altre. Quando selezioniamo un libro sono tanti i fattori che intervengono. Sì, ammettiamolo: a volte, anche la copertina gioca un ruolo (non c’è bisogno di fare i timidi).

gilgi

Quando ho letto la trama di “Gilgi, una di noi” stavo per rimetterlo al suo posto sullo scaffale della libreria.

L’ennesima storia d’amore no, vi prego!

Poi ho dato uno sguardo alla biografia dell’autrice…

Chi è Irmgard Keun?

Nata a Berlino nel 1905, si trasferisce presto a Colonia dove diventa una dattilografa. Per un breve periodo lavora come attrice ma decide quasi subito di dedicarsi alla scrittura. Gilgi, eine von uns è il suo primo romanzo e viene pubblicato nel 1931 ottenendo un grande successo. Nel 1933, insieme al suo secondo lavoro (La ragazza di seta artificiale), Gilgi finisce per essere censurato dal regime nazista e Irmgard viene anche arrestata. Da questo momento in poi, quella dell’autrice tedesca sarà una vita in fuga, prima in Belgio e poi nei Paesi Bassi. Conosce lo scrittore Joseph Roth e se ne innamora. Torna a nascondersi in Germania, protetta dalla falsa notizia del suo suicidio. Qualcosa si è spezzato in Irmgard. I suoi lavori non suscitano più interesse. Subisce diversi ricoveri psichiatrici. È un’alcolizzata, ormai. Continua a scrivere durante gli anni Settanta ma viene ignorata da pubblico e critica. Muore nel 1982.

Da qualche anno, però, è in atto una riscoperta dell’opera di questa scrittrice originale e fuori dagli schemi. E “Gilgi, una di noi” è letteralmente risorto dalle sue ceneri. E allora mi sono detta: voglio assolutamente conoscerla e scoprire perché ha dato così fastidio ai nazisti.